Cosa mi succede quando vado in ansia?

Provare paura o ansia è fondamentale per la sopravvivenza: grazie a queste reazioni siamo in grado di evitare gli stimoli che potrebbero essere pericolosi per la nostra vita o quella dei nostri cari. L'ansia è definibile come una "risposta normale e innata alla minaccia/pericolo (alla persona, all’autostima) o all’assenza di persone o oggetti che assicurano e “significano” sicurezza" (Kandel, 1983). 

 

Il suo ruolo, oltre a segnalare la presenza del pericolo, è anche quello di predisporre il soggetto a due modalità comportamentali (Fuga e Attacco) attivando risposte che coinvolgono la psiche e il soma: il corpo con una serie di reazioni fisiologiche atte alla difesa della propria persona, la psiche elaborando possibili strategie per fronteggiare il pericolo con il minor danno possibile (aumento della vigilanza e dell’attenzione). 

E' bene evidenziare, però, che un eccesso di ansia potrebbe essere tutt'altro che utile all'individuo! Bisogna quindi distinguere l'Ansia adattiva (o fisiologica) dall'Ansia patologica (e disfunzionale). Per chiarire questa differenza ci facciamo aiutare da uno studio effettuato da Yerker e Dodson (1908) sulla relazione tra ansia e rendimento. Secondo quanto emerso dall'indagine, con l’aumento dell’attivazione, la performance migliora poiché l'ansia mobilita l’attenzione e la vigilanza. Se però l’ansia aumenta oltre questo livello ottimale si possono manifestare effetti debilitanti quali l’incapacità di svolgere compiti complessi o di acquisire nuove informazioni. Ovviamente il livello ottimale varia in funzione della complessità del compito e della predisposizione individuale. L'ansia è ritenuta funzionale, quindi, se è circoscritta ad una situazione e si manifesta in forma transitoria; viene definita disfunzionale se invece è sproporzionata rispetto allo stimolo scatenante (o contesto) e tale da provocare un grado di sofferenza non sopportabile, compromettendo il funzionamento.

L'esperienza di paura, come detto in precedenza, è quasi sempre accompagnata dalla mobilitazione del sistema nervoso autonomo mediante il sistema simpatico, che attiva le risposte di sopravvivenza alle minacce percepite, e il sistema parasimpatico, che si attiva una volta che il pericolo è cessato e riporta l’organismo allo stato normale. Queste risposte difensive sono considerate biologicamente funzionali dall'approccio evoluzionistico: il riflesso di risalimento, ad esempio, è una risposta normale ad uno stimolo minaccioso. 

Ma come fa uno stimolo ad essere giudicato come minaccioso? Come viene memorizzato? Come fa ad attivare una risposta fisiologica nel nostro corpo?

 

Addentriamoci insieme nelle tortuose vie del nostro cervello per rispondere a tutti questi interrogativi. 

 

Innanzitutto è fondamentale presentarvi l'amigdala: l'area del cervello simile ad una piccola mandorla (da cui il suo nome) che si attiva per stimoli con una forte valenza emotiva. Lo stimolo che provoca il riflesso di risalimento, o una generica risposta di paura, viene immagazzinato nelle strutture del sistema limbico (quello che si può considerare come la base anatomica della nostra memoria e che comprende amigdala ed ippocampo) in modo tale che, al ripresentarsi dello stimolo, la risposta sia ancora più veloce e funzionale. Una volta che lo stimolo ansiogeno è stato memorizzato, il suo ripresentarsi attiverà due strutture in modo inversamente proporzionale: la corteccia prefrontale mediale e l'amigdala.

La corteccia prefrontale mediale è l'area del cervello che integra gli aspetti cognitivi e quelli emozionali. E' il centro ‘logico’ e modula l’interpretazione delle esperienze ansiogene analizzando il contesto, interrompendo l’attività in atto ed aumentando l’attenzione. Quest'area è connessa all'ippocampo, il nucleo responsabile dell'immagazzinamento dei ricordi. Se abbiamo già incontrato altre volte uno stimolo o una situazione potenzialmente pericolosi, la corteccia 'preleva' dall'ippocampo tutte le informazioni ottenute precedentemente su quello stimolo e, valutando attentamente il contesto, prende la decisione comportamentale di fuga o attacco. Solitamente quando si attiva molto quest'area, la reazione alla paura è di minore entità. Pensiamo infatti ad un bambino che va allo zoo e si avvicina alla gabbia di un leone: all'inizio può avere una reazione istintiva di allontanamento vedendo il leone che gli corre incontro.. poi però, quando impara che il leone non lo può raggiungere perchè c'è una gabbia che lo trattiene, la reazione tenderà ad estinguersi. Un altro esempio potrebbe essere quello di un pubblico di fronte ad un film dell'orrore: alla prima proiezione nessuno può aspettarsi che di colpo dal frigorifero esca un mostro, quindi l'intera platea sobbalzerà sulla sedia; se però agli stessi spettatori ripresenteremo lo stesso film una seconda volta, sapendo cosa succederà aprendo il frigorifero, nessuno avrà la stessa reazione.. e il film risulterà anzi piuttosto noioso.

L'amigdala. Come detto in precedenza, questa struttura si attiva per gli stimoli con una forte valenza emotiva. Nel momento in cui non viene in qualche modo 'tranquillizzata' dalla razionalità della corteccia prefrontale (perchè lo stimolo è realmente pericoloso per il soggetto o perchè è sconosciuto) si attiva, innescando una serie di reazioni a catena che vedremo tra poco. E' bene tenere presente che l'amigdala si attiva meno se è presente una buona dose di serotonina (persone che soffrono di attacchi di panico, infatti,  hanno circa 1/3 dei recettori della serotonina) e questo spiega perchè è più facile avere risposte ansiose in situazioni già di per sé poco rassicuranti o di stress. L'amigdala scatena le reazioni d'ansia più marcate eccitando una struttura adiacente, il nucleo sella stria terminale, che collega l'amigdala ad ipotalamo e surrene (questo collegamento è chiamato asse ipotalamo-ipofisi-surrenale). 

L'ipotalamo è una struttura che controlla l'ipofisi, la "produttrice di ormoni per eccellenza", e (trasmettendole un ormone chiamato CRF) le fa rilasciare ormoni nel sangue attivando il sistema endocrino. L'ormone che viene rilasciato dall'ipofisi nelle situazioni ansiogene è l'ormone adenocorticotropo (ACTH) che a sua volta attiva la ghiandola surrenale.

La ghiandola surrenale è una struttura collocata, come dice il nome, sulla parte superiore dei reni ed è responsabile del rilascio di ormoni: la parte esterna della ghiandola surrenale (detta corticale) produce cortisolo, la parte più interna (midollare) produce adrenalina. Cortisolo ed adrenalina sono ormoni che attivano risposte difensive (aumento di glicemia nel sangue, pressione maggiore, battito più frequente, dilatazione della pupilla, aumento della sudorazione..). Proprio questi ormoni quindi sono i diretti responsabili delle manifestazioni tipiche dell'ansia.

A questo punto è necessario che la produzione di cortisolo venga interrotta per fare in modo che l'ansia non superi il livello ottimale di cui abbiamo parlato prima. Ecco quindi che il cortisolo, rilasciato nel sangue dalla ghiandola surrenale, arriva all'ippocampo che memorizza come la situazione di paura sia stata affrontata con successo e che comunica quindi all’ipotalamo (che, ricordiamo, controlla l'ipofisi) di bloccare la sua produzione di CRF (l'ormone che attivava appunto l'ipofisi). Nell'ansia patologica questo non accade: il funzionamento dell’amigdala è compromesso poichè la soglia di attivazione del riflesso è più bassa del normale quindi ogni stimolo minimamente preoccupante viene considerato minaccioso; siccome l'amigdala è iperattiva,  fa produrre moltissimo cortisolo. L'ippocampo viene danneggiato da tutto il cortisolo in circolo e quindi non riesce ad inviare il segnale di inibizione all'ipotalamo. In questo modo si crea un circolo vizioso che peggiora sempre di più.

Un neurotrasmettitore che ha un effetto calmante sulla persona è il GABA. I soggetti molto ansiosi solitamente presentano pochi recettori gabaergici. Sul recettore per il GABA si legano molte molecole come i barbiturici, le benzodiazepine e l'etanolo. Ecco spiegato perchè c'è chi 'annega i dispiaceri nell'alcool': l'etanolo si lega agli stessi recettori del GABA! Il suo antagonista, ovvero il neurotrasmettitore che una funzione opposta al GABA è il glutammato. Durante un attacco d'ansia si verificherebbe quindi un aumento di attività glutammaergica nella corteccia prefrontale, che causa un danneggiamento di queste aree. 

Tutta questa biologia non deve però indurvi ad un determinismo rassegnato! 

Il cervello si modifica moltissimo nell'arco della vita e come un forte stress può portare modificazioni nel funzionamento dei neurotrasmettitori o nell'ipo/iper eccitabilità di strutture come l'amigdala, così è possibile 'rieducare' il nostro cervello ad avere risposte più funzionali. Come? La partecipazione a una terapia cognitivo-comportamentale, ad esempio, è associata a modificazioni nel funzionamento neurale (relative al flusso ematico e al metabolismo di ossigeno e glucosio) nelle strutture coinvolte nella regolazione delle emozioni negative: cingolo anteriore, corteccia prefrontale mediana e corteccia frontale destra ventro-laterale.

 

 

Eleonora Tischer

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